Da quando ho compiuto 40 anni, ho iniziato a percepire il tempo in modo diverso rispetto a qualche anno fa; mi sembra di non averne mai abbastanza. Tutto cambia rapidamente: i miei cari invecchiano, altri vanno avanti. La consapevolezza che i giorni scivolino tra le dita nonostante la mia riluttanza mi porta ora a chiedermi quale sia il senso di tutta questa frenesia, di pensare sempre a ciò che accadrà, facendomi spesso dimenticare di soffermarmi sul qui ed ora.
Rino era mio suocero, aveva 89 anni e abbiamo trascorso 12 anni di vita assieme. Negli anni ’50 è stato alpino paracadutista con brevetto di istruttore di palestra e roccia. Lavoro e passioni sono sempre state fondate in gran parte sulla sua prestanza fisica, con la quale ha costruito le fondamenta della sua vita e quella dei suoi cari. Ha affrontato perdite importanti e resistito a urti e contraccolpi, fino a quando il suo corpo, quell’involucro perfetto, non ha cominciato a sfaldarsi. Quel guscio, un po' alla volta, ha iniziato a tradire il suo ospite, senza resistere più come un tempo. E mentre ciò stava accadendo, ho avuto l’impressione che per Rino il tempo cominciasse a dilatarsi; sembrava quasi che aspettasse, come dicevano in gergo i suoi commilitoni, di andare avanti.
Valentina Iaccarino
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Scusan Sontag, nel suo saggio On photography, parla della fotografia come di un atto di partecipazione “alla mortalità, alla vulnerabilità e alla mutabilità di un’altra persona […]”.
In Andati Avanti – contrariamente a quanto raccontato dal panorama mediale, che accelera e ostenta in modo spudorato e brutale la morte e la sofferenza – l’autrice decide di rallentare, di prendersi il tempo necessario per raccontare il passato e la vita di un ex paracadutista: Rino. Questo lavoro aiuta lo spettatore a evitare una bulimia delle immagini, alla quale siamo abituati: le fotografie non strillano come nei giornali, ma bisbigliano, e raccontano sottovoce una storia a chi le osserva. C’è un amaro retrogusto di consapevolezza nel ritrarre una persona che sta andando avanti. Un tipo di consapevolezza che, nel quotidiano o nel telegiornale di turno - strumenti nei quali le immagini vengono più subite che comprese - è spesso assente. L’empatia sostituisce il voyeurismo, e questa piccola breccia nel senso comune ci aiuta a riportare la morte al centro del dibattito in modo sano e genuino, così che essa non venga censurata o dimenticata (o all’estremo opposto sbandierata), ma affrontata e discussa. Andati Avanti non è un lavoro politico, non riflette sui media o sulla società come sistema, eppure questo lavoro sembra un piccolo album sociologico utile a ristabilire una relazione, da spettatori anestetizzati e ubriachi di morte quali che siamo ora, con il fine vita.
Manuel Beinat
Menzioni speciali:
Fotografia Calabria Festival 2024
Charta Award 2024
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